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DIMENSIONI SPIRITUALI E RELIGIOSE DELLA CRISI AMBIENTALE

di Seyyed Hossein Nasr

Come Edward Goldsmith ha chiaramente mostrato nel suo articolo
Società arcaiche e ordine cosmico, l’umanità moderna ha abbandonato
quello che è sempre stato un principio fondamentale delle concezioni
tradizionali del mondo. Il Tao dell’antica Cina, il r’ta e il dharma delle
tradizioni indù e buddhista, il nomos degli antichi greci, la shari’ah del
mondo islamico – tutti questi differenti concetti designano la stessa realtà.
Essi, infatti, si riferiscono all’“ordine” che governa l’umanità e la natura, da
cui deriva il termine moderno cosmos che significa letteralmente sia ordine
che bellezza.
Così, nomos in greco non designava soltanto le leggi che reggono i movimenti
dei pianeti, ma anche le leggi che reggono la vita umana, e dunque
le leggi secondo le quali il saggio dovrebbe vivere. Nell’Islam, questa
parola greca si è trasformata nel termine arabo namus, che consideriamo
quasi come equivalente della shari’ah, la legge divina – termine coranico
– ugualmente identificata con le leggi della natura. In arabo, la parola sunnah,
che indica sia la tradizione che le consuetudini del Profeta, è utilizzata
anche nel Corano per designare le usanze di Dio (Sunnat Allah) e quelle di
tutti gli esseri viventi. Sunnat Allah si riferisce alle leggi e alle norme che
governano tanto la religione quanto la creazione di Dio – i principi grazie
ai quali funziona il mondo.
Lo stesso vale per dharma, anche se questo vocabolo non è associato al
Dio personale del monoteismo. Quasi tutto il pensiero buddhista contemporaneo
sull’ambiente ruota intorno a questo unico concetto di dharma,
perché il dharma non è legato soltanto al corretto modo di vivere, ma anche
ai principi che determinano la natura delle cose. Infatti, ogni cosa ha a sua
volta il suo dharma. I fiumi, i fiori e le montagne hanno il loro dharma; perciò
questo termine è così difficile da tradurre in italiano. Lo stesso succede
anche con il termine indù r’ta (Rita), che non è solo la legge per gli esseri
umani, ma anche per il cosmo. La visione religiosa del mondo rinvia a una sorta di mistero – il mistero della relazione tra leggi che dovrebbero governarci
moralmente e spiritualmente e le leggi che governano l’universo.

La crisi spirituale
Tra le due, c’è una profonda relazione. Attualmente, un certo numero di
scienziati tentano di ricostruire questo ponte dall’altra sponda. Il professor
Edward O. Wilson, famoso biologo evoluzionista di Harward, ha pubblicato
due saggi che sono stati all’origine di un vasto dibattito nell’ambiente intellettuale americano. Egli inizia dicendo che le scienze umane e le scienze
naturali dovrebbero camminare di pari passo e superare la separazione che
ora esiste tra di loro. A suo parere, questo dovrebbe essere fatto sviluppando
le scienze umane sul fondamento della biologia. Egli propone che si sviluppino
leggi etiche e sociali sulla base di ciò che gli scienziati della natura,
come lui, hanno scoperto nel mondo biologico.
Tuttavia, la maggior parte dei religiosi non vedono le cose in questo
modo, perché nessuno di noi vuole vivere sotto l’una o l’altra forma di
darwinismo sociale, applicando alla società quelle che a torto si chiamano
le “leggi della giungla” o diverse altre cosiddette “leggi biologiche”. In
realtà, l’immagine che noi abbiamo della “legge della giungla” è essa stessa
un’illusione, perché se fosse la sola legge esistente, tutti gli animali si
sarebbero già divorati l’un l’altro. In verità, constatiamo che nella giungla
c’è un’incredibile armonia che riguarda sia gli esseri viventi che quelli non
viventi, un’armonia alla quale molti scienziati moderni prestano pochissima
attenzione. Questa idea di una legge scientifica riguardante sia la società che il cosmo ci fa davvero perdere di vista il punto essenziale, cioè questo: molti
popoli tradizionali credevano che il loro stile di vita fosse in accordo con il
modo con cui funziona il mondo. Essi lo credevano malgrado la loro totale mancanza di moderne conoscenze scientifiche, e questo principio fornì le
basi della funzione dei “re-sacerdoti” di diverse antiche civiltà. Ad esempio,
l’imperatore cinese era il ponte tra cielo e terra, ed eseguiva certi rituali
che avevano lo scopo di conservare l’armonia del cosmo. Questo stesso
principio può essere osservato nella funzione dei faraoni dell’antico Egitto,
in seno alla tradizione ebraica per Melchisedek, per Saoshyant nello zoroastrismo e per molti altri.

Scienza: la religione dell’Occidente
Non possiamo più continuare a considerare la natura come sprovvista di
valore morale e spirituale. Le nostre preoccupazioni etiche non possono
ignorare il resto della creazione. I non-occidentali generalmente non comprendono la “secolarizzazione della natura” che si è verificata in Occidente.
Sebbene inconsapevoli dello sfondo filosofico del progresso della scienza
moderna e dell’idea di dominio su una “natura” segmentata, i non-occidentali
sono pienamente consapevoli della relazione tra le applicazioni della
moderna scienza occidentale e il potere politico ed economico. Essi tendono
a pensare che questa scienza può aiutarli ad acquistare potere e dominio
nei loro affari, senza pensare alle sue conseguenze etiche, spirituali o ambientali.
Perciò, nel mondo non-occidentale quasi tutti i governi, da sinistra
a destra, dai religiosi agli antireligiosi, approvano la fede nella scienza e
nella tecnologia moderne, e sposano la causa dell’industrializzazione alla
velocità più grande possibile. Questo è tanto più sorprendente, considerata
la persistenza della visione religiosa della natura che ancora in parte sopravvive
nelle loro popolazioni.
Per diversi anni, negli anni Settanta, sono stato presidente della principale
università scientifica e tecnologica dell’Iran. La nostra università aveva
dato il suo consenso alla costruzione di una centrale elettrica nuclearenel porto di Bushehr nel Golfo Persico. Quasi tutti i giorni, gli studenti dell’università
che si erano opposti a questo progetto denunciavano quanto fosse
assurdo costruire una così pericolosa installazione. Io ero felice di essere
d’accordo con loro, e dissi alle autorità dell’epoca che gli studenti avevano
ragione. Cercai parecchie volte di bloccare questo progetto irresponsabile,
ma la mia voce non fu ascoltata e la cosa andò avanti ugualmente.
Non appena si verificò la Rivoluzione Islamica del 1979, la costruzione
dell’impianto fu bloccata, ma, come poi si è visto, non per molto. Vent’anni
dopo, con un costo supplementare di diversi miliardi di dollari, l’impianto è
ormai stato completato. È significativo che l’atteggiamento nei confronti della
moderna scienza e della tecnologia occidentale sia sempre lo stesso, quale
che sia il regime, monarchico o islamico-repubblicano in Iran, o, per quanto
ci interessa, la monarchia in Arabia Saudita, o il partito laico Baath in Iraq.
Alle radici di tutto questo vi è l’incomprensione da parte dei non-occidentali
di quello che è realmente in gioco, dei pericoli che minacciano le
loro religioni e le loro culture; e del supremo errore consistente nel ripetere
gli sbagli dell’Occidente industrializzato in ogni angolo del globo, spesso,
ironia della sorte, per non dipendere più dall’Occidente. Questa è una delle
ragioni per le quali, nel mondo non occidentale, l’intera questione ambientale
ha fatto tanta fatica a penetrare nella coscienza della gente.
In Occidente, però, si è assistito a un processo molto diverso. A poco a
poco, passo dopo passo, la visione religiosa della natura è stata perduta, per
essere sostituita da una visione del mondo meccanicistica. E ora, dopo trecento
o quattrocento anni (dal processo a Galileo), il ceto dirigente religioso
occidentale sta cercando, in un modo o nell’altro, di riformulare una teologia
della natura. Per questa ragione, credo che i pensatori occidentali che si occupano di tale problema abbiano una responsabilità molto pesante, non soltanto verso il mondo cristiano o giudaico, ma verso il mondo nel suo insieme.
È del tutto ovvio che siano molto più al corrente di tutti i problemi di molti non occidentali, che soltanto ora cominciano a porsi la questione
ambientale. Nondimeno, i pensatori delle religioni non occidentali hanno
questo vantaggio, che, tra i loro correligionari, il senso del sacro nella natura
e la legittimità di una conoscenza religiosa della natura non sono stati
dimenticati come in Occidente.

Aiutare la natura a guarire
Lasciatemi concludere dando alcuni suggerimenti pratici su ciò che deve
essere fatto in quest’ora già tarda per rovesciare la critica situazione ambientale.
Certamente non mi oppongo a sforzi di singoli o di gruppi per la
pulizia del Tamigi o per impedire che quel particolare albero sia tagliato:
ringraziamo Dio per simili iniziative. Ma esse possono solo ritardare un
disastro totale più che impedirlo. Il fatto che stiamo uccidendo la creazione
è ciò che deve essere impedito, e, per impedirlo, dobbiamo prima comprendere
che siamo responsabili delle nostre azioni: non possiamo starcene con
le mani in mano e non fare niente col pretesto che questa tragedia è “opera di
Dio”, o è inevitabile a causa della “marcia del progresso e della tecnologia”.
Dio ci considera responsabili di ciò che facciamo, di ciò che non facciamo e
di ciò che avremmo potuto e dovuto fare.
Non c’è altra alternativa che cambiare la nostra intera visione del mondo.
Non possiamo continuare ad avere una visione del mondo basata sulla
rottura della relazione tra l’umanità e il Divino, e dunque tra l’umanità e la
natura come realtà spirituale. Dobbiamo restaurare questa relazione critica,
il che significa che l’attuale, moderna visione del mondo deve essere abbandonata. Non c’è un’altra soluzione. In questa fase storica, un compromesso
è la peggiore specie di tradimento. Abbiamo già fatto sin troppi compromessi
con la verità. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, le cose sono andate
avanti in questo modo, ma non possono continuare così per molto tempo. Non vedo come il mondo moderno, con tutta la sua arroganza, possa
sopravvivere. E nemmeno può sopravvivere l’intera umanità, restando aggrappata a una visione del mondo che è falsa sin dalle fondamenta. Come
possiamo continuare ad eleggere governi che credono ingenuamente nel
continuo sviluppo materiale, senza compiere un suicidio di massa? Se
estrapoliamo tutte le attuali tendenze, come gli scienziati tendono sempre a
fare, e continuiamo sulla nostra attuale via, non vedo in che modo la terra
possa continuare a sostenere la vita umana, e non parliamo di vita con una
qualche qualità.
È alla luce di queste considerazioni che la visione religiosa della natura
diventa così importante. Naturalmente, il fatto di riproporla richiede un
cambiamento molto radicale. Anzitutto, dobbiamo mettere in discussione
non quello che la scienza dice nel proprio legittimo ambito, ma la sua pretesa
monopolistica di fornire la sola vera conoscenza su tutti gli aspetti dei
nostri rapporti con la società e il mondo della natura. Dobbiamo prendere
coscienza delle gravi insufficienze filosofiche della scienza moderna, del
fatto che le sue applicazioni stanno rendendo rapidamente il nostro pianeta
inabitabile. Dobbiamo superare la trance ipnotica nella quale siamo stati
acquietati, che ci induce a negare, sul limite dell’età spaziale che stiamo
varcando, la pertinenza di tutta la conoscenza tradizionale del passato.
Non è conquistando lo spazio che potremo risolvere i nostri veri problemi,
bensì dedicandoci alla vera, fondamentale ragione di ciò che generalmente
facciamo, qui sulla terra, a noi stessi, alle nostre famiglie, alla nostra
più grande famiglia di esseri viventi, alle creature non viventi della terra e
ai cieli che stiamo tanto sistematicamente inquinando. Dobbiamo comprendere
che la tradizionale saggezza religiosa è valida per noi quanto lo era per
i nostri lontani antenati, e che l’umanità deve essere vista come una volta,
come una parte inseparabile del mondo naturale, come creazione di Dio e
soggetta alle stesse leggi divinamente stabilite, che devono essere osservate se dobbiamo conservare il suo fondamentale ordine.
Questa è la visione che dobbiamo riacquistare, se dobbiamo vivere in
pace con Dio, con noi stessi, e con tutta la Sua creazione, animata e inanimata,
che la Sua Misericordia sostiene e nutre, anche se, nella nostra presente
ignoranza, non siamo degni delle Sue benedizioni.