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Dall'era del petrolio a quella dei campi

di Vandana Shiva

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L’agricoltura globalizzata e industrializzata è la chiave per mangiare
petrolio. Di petrolio sono fatti i fertilizzanti chimici che inquinano il
suolo e l’acqua. Il petrolio viene usato dai negrieri dell’energia per sostituire
i piccoli contadini con macchine e trattori giganteschi. Il petrolio viene
usato per il trattamento industriale del cibo. Di petrolio è fatta la plastica
delle confezioni. E infine il petrolio serve a trasportare gli alimenti sempre
più lontano dal luogo di produzione.
I combustibili fossili sono il cuore dell’agricoltura industriale. Fanno
funzionare i trattori e i macchinari pesanti, pompano l’acqua di irrigazione
necessaria per coltivazioni a base di prodotti chimici e macchine. L’uso
di energia nei sistemi industriali di produzione alimentare è dieci volte
maggiore dell’uso di energia nell’agricoltura ecologica, e supera di dieci
volte l’energia contenuta nel cibo prodotto.
Il rapporto Stern del governo del Regno Unito ha identificato le seguenti
fonti di emissioni di gas serra responsabili dei cambiamenti climatici:

FONTI DI emissioni di gas sera nel 2000
Elettricità 24%
Industria 14%
Trasporti 14%
Abitazioni 8%
Modifiche del territorio 18%
Agricoltura 14%
Rifiuti 3%
Altro 5%

Il rapporto non calcola i tipi di agricoltura, di trasporto, di abitazioni
responsabili delle emissioni e, perciò non riesce a identificare l’agricoltura globalizzata e industrializzata come responsabile del 14% di emissioni in
agricoltura, del 18% di emissioni a causa delle opere di trasformazione
d’uso del suolo, quando si abbattono le foreste tropicali per produrre
merci agricole, e parte del 14% per i trasporti, a causa di inutili spedizioni
alimentari in tutto il mondo per via mare e aerea.
L’agricoltura ecologica locale ad alta biodiversità riduce di quasi la
metà le emissioni di gas serra, migliorando il nostro capitale naturale di
piante, terra e acqua, rafforzando l’economia della natura, aumentando
la sicurezza degli agricoltori, la qualità e il valore nutrizionale del cibo, la
libertà e la democrazia. Invece di concentrarsi sulla soluzione realizzabile,
il rapporto Stern promuove la pseudo soluzione del commercio delle quote
di emissioni che si traduce in business as usual («affari come al solito»)
per le società agrochimiche e agrofinanziarie che ricavano i loro profitti
dalla globalizzazione dell’agricoltura industriale.
Barney ha studiato l’energia nella catena alimentare degli Stati Uniti e
ha dimostrato che per produrre una media di 3,6 GJ di energia alimentare,
si investono circa 35 GJ di energia da combustibili fossili. È un sistema
di produzione di energia negativa netta (G. Barney, Rapporto globale
2000 al Presidente, Penguin, Harmondsworth, 1980, citato in Ernst von
Weizsacher, Amory Lovins, Hunter Lovins Factor Four: Doubling Wealth
Halving Resource Use, Earthscan, London, 1997).
Dal campo alla tavola, la globalizzazione della filiera alimentare industriale
va verso una dipendenza sempre crescente dai combustibili fossili.
Per le multinazionali, la filiera è altamente integrata. Per la gente e il pianeta
sta portando a una crescente disintegrazione delle comunità umane e
degli ecosistemi. Caroline Lucas, Andy Jones e Colin Hines hanno identificato
i cambiamenti più significativi verso una maggiore dipendenza dai
combustibili fossili, in un’epoca in cui questa dipendenza dovrebbe ridursi
a causa del picco del petrolio e del cambiamento climatico.

Ci sono stati drammatici cambiamenti nella produzione, trasformazione
e distribuzione alimentare negli ultimi cinquanta anni. I più significativi
sono:
• Meccanizzazione dell’agricoltura e aumento della sua dipendenza
da prodotti esterni, come i fertilizzanti sintetici, i pesticidi, i mangimi,
la plastica, l’energia elettrica e il carburante.
• Passaggio in massa a cibi altamente trasformati e confezionati.
• Globalizzazione dell’industria alimentare caratterizzata da un aumento
del commercio alimentare (importazioni ed esportazioni) e
da un più ampio sfruttamento delle fonti di produzione alimentare
all’interno e all’estero. Di particolare importanza è l’aumento delle
importazioni di frutta fresca e verdura, con aumento dei prodotti
di origine più lontana, come Africa, Asia, Estremo Oriente.
• Aumento dei supermercati come leader delle vendite con la scomparsa
dei piccoli negozi, mercatini e grossisti locali. Parallela a
questa tendenza, è la concentrazione degli approvvigionamenti
base nelle mani di pochi grandissimi fornitori, in parte per soddisfare
le preferenze dei supermercati a rifornirsi di prodotti identici
tutto l’anno.
• Fondamentali cambiamenti nei modelli di consegna con la maggior
parte delle merci avviate ai centri di distribuzione regionale
dei supermercati e la diffusione di camion merci pesanti a pronta
consegna, a volte chiamati ‘magazzini su gomma’.
• Il passaggio dagli acquisti alimentari frequenti a piedi in piccoli
negozi locali, all’acquisto in auto nei grandi supermercati fuori
città. (Peak Oil and Food Security, Pacific Ecologist, Edizione 14
Inverno 2007).
David Pimental e Mario Giampietro hanno calcolato che anche la produzione
netta di energia nell’agricoltura industriale è negativa. Hanno distinto due forme di energia, l’endosomatica e l’esosomatica. L’energia
endosomatica è prodotta nel corpo umano con la trasformazione metabolica
dell’energia alimentare in energia muscolare. L’energia esosomatica
è generata trasformando l’energia all’esterno del corpo umano, come il
bruciare petrolio in un trattore.
Pimental e Giampietro sostengono che prima dell’industrializzazione
dell’agricoltura, l’energia esosomatica e endosomatica erano di origine solare.
Nell’agricoltura industriale, i combustibili fossili incidono sul 90 per
cento dell’energia esosomatica usata.
«Il rapporto tipico eso/endo delle società pre-industriali solari è di circa
4 a 1. Il rapporto è cresciuto dieci volte nei paesi sviluppati, salendo a
40 a 1. E negli Stati Uniti, è oltre 90 a 1» (Pimental e Giampietro, citati in
Dale Allen Pfeiffer, Eating Fossil Fuels, New Society Publishers, p. 20).
Sono perciò necessarie dieci kilocalorie di energia esosomatica per
produrre una kilocaloria di cibo e le restanti 9 kilocalorie vanno a produrre
rifiuti, inquinamento e maggiore entropia. Parte di questa energia sprecata
va nell’atmosfera e contribuisce al cambiamento climatico.
L’industria agricola del riso negli Stati Uniti consuma in media 380 volte
più energia all’ettaro di un’azienda tradizionale nelle Filippine. E l’uso
di energia per kg di riso è 80 volte superiore negli Stati Uniti rispetto alle
Filippine. L’uso di energia per la produzione di granturco negli Stati Uniti
è 176 volte maggiore per ettaro di un podere tradizionale in Messico e 33
volte superiore per kg. (The Energy and Agriculture Nexus, FAO, Roma,
2000, p. 17).
Per una mucca allevata e venduta nel sistema industriale, occorrono sei
barili di petrolio cioè l’equivalente consumato da una macchina per andare
da New York a Los Angeles (The Price of Steak, National Geographic, giugno 2004)... continua

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