IL TERZO NUMERO DELL'ECOLOGIST SARA' IN VENDITA DA META' LUGLIO
il nuovo numero dell'Ecologist

LEZIONI DALLO TSUNAMI di Vandana Shiva

Produzione mondiale di gamberetti (in migliaia di tonnellate)

  • anno -- allevato-- pescato --- totale
  • 1982 84 1652 1786
  • 1983 143 1683 1726
  • 1984 174 1733 1907
  • 1985 213 1908 2121
  • 1986 309 1909 2218
  • 1987 551 1733 2264
  • 1988 604 1914 2918
  • 1989 611 1832 2443
  • 1990 633 2168 2801
  • 1991 690 2118 2808
  • 1992 721 2191 2912
  • 1993 610 2100 2710

Appare con evidenza che la produzione di gamberetti d'allevamento è molto inferiore al prodotto pescato in mare. Anche se alcuni di questi allevamenti che inquinano l'ambiente, fossero chiusi la produzione di gamberetti con tecniche a basso impatto ambientale non ne risentirebbe e non vi sarebbe alcun danno economico, tenendo anche conto dei risultati ottenuti dal NEERI che indicano come il danno, sia ecologico che economico, derivante dall'acquacoltura industriale costiera sia più alto del reale guadagno ottenuto con la vendita del prodotto. Potrebbe essere questa la ragione per la quale gli stati europei e americani non permettono che le loro coste siano sfruttate per l'allevamento industriale dei gamberetti. Il rapporto delle Nazioni Unite mostra che l'80% dei gamberetti d'allevamento si trova nei paesi in via di sviluppo dell'Asia". Tuttavia, invece di obbedire all'ordinanza, l'industria dei gamberetti ha cercato di rendere inapplicabili le leggi di protezione ambientale delle coste facendo pressioni sul governo affinché la esonerasse dal rispettarle. Il sovvertimento delle leggi ambientali ottenuto dall'industria dei gamberetti ha avuto certamente un ruolo decisivo nell'aggravare la distruzione causata dallo tsunami. Ogni ettaro di terra utilizzato per l'allevamento dei gamberetti lascia un'impronta ecologica di 100 ettari in termini di distruzione di mangrovie, di terra e di mare a causa dell'inquinamento. Ogni dollaro prodotto dall'esportazione di gamberetti si lascia alle spalle dieci dollari di distruzioni ecologiche ed economiche a livello locale. Nagappatinam, la zona più colpita dallo tsunami, era anche la zona più danneggiata dall'industria dei gamberetti. Le tribù indigene delle Andamane e Nicobare, gli Onge, i Jarawa, i Sentinelesi, gli Shompen, che vivono esercitando sull'ambiente solo una lieve pressione, hanno registrato i danni più bassi, nonostante fossero i più vicini dell'intero subcontinente indiano all'epicentro del sisma. Il governo del Kerala, prendendo atto del fatto che lo tsunami ha avuto effetti meno devastanti nelle regioni protette dalle mangrovie che sulle spiagge aperte e prive di vegetazione, ha avviato un progetto da 350 milioni di rupie per proteggere le coste del Kerala dalle onde di marea proprio per mezzo di mangrovie. Si spera che i governi imparino la lezione che la terra ha cercato di darci: uno 'sviluppo' che ignori i limiti ecologici e l'imperativo ambientale può condurre unicamente verso un'inimmaginabile distruzione. La seconda lezione che lo tsunami ci da è che un mondo incentrato sul mercato e sul profitto, poiché dimentica la natura e la gente, è mal preparato di fronte a simili disastri. Anche se giochiamo con frasi ad effetto come "vivere nell'Era dell'Informazione" ed in Economie della Conoscenza, la notizia di un terremoto del 8.9 grado della scala Richter non ha potuto essere comunicata in tempo utile dal Dipartimento Geologico degli Stati Uniti ai paesi dell'Oceano Indiano per prendere i provvedimenti tempestivi adatti a salvare migliaia di persone. Mentre gli indici di borsa in tutto il mondo reagiscono in tempo reale ai segnali, mentre l'intera economia delle telecomunicazioni si basa sulla comunicazione istantanea, ci sono voluti giorni e giorni per stabilire il numero dei morti e dei senza casa. E il numero cresce ogni giorno - partito dai 20.000 del 26 dicembre 2004, ha raggiunto il 1 gennaio 2005 quota 150.000. Lo tsunami ci dice che non viviamo nell'era dell'informazione basata sulla 'connessione', bensì in un'epoca di ignoranza, esclusione e sconnessione. Gli animali e le comunità indigene hanno avuto l'intelligenza di prevedere lo tsunami e di mettersi in salvo. Alla tecnologia dell'informazione di cui è imbevuto il 21° secolo è mancata l'intelligenza che ha la Terra di mettere in relazione il terremoto e lo tsunami in tempo per proteggersi. Dobbiamo rivedere i nostri concetti dominanti di intelligenza ed informazione ed imparare da Gaia su come si vive con intelligenza sul pianeta.

1 2 3