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il nuovo numero dell'Ecologist

LEZIONI DALLO TSUNAMI di Vandana Shiva

E' stata necessaria una tragedia di proporzioni così vaste da devastare l'intera linea costiera dell'Oceano indiano per ricordarci che la rivoluzione tecnologica dell'informazione si è sviluppata per servire i mercati, ma ha lasciato da parte i bisogni delle persone. Un articolo apparso sulla stampa indiana ha riferito che il mercato non sarà influenzato dal disastro. Anche questo riflette la distanza tra la salute del 'mercato' e la salute del pianeta e dei suoi abitanti. Una terza lezione che traggo dallo tsunami è quella che dobbiamo prepararci ai disastri ambientali che ci aspettano, compresa l'anticipazione degli effetti del cambiamento climatico. Mentre le acque, innalzandosi, sommergevano le Maldive, ho pensato che la natura ci stesse dicendo: ecco una prova generale dell'innalzamento del livello dei mari, ecco come a intere comunità sarà rubato lo spazio ecologico necessario a vivere in pace sul pianeta. Mentre l'amministrazione statunitense e scettici dell'ambiente come Bjorn Lomberg continuano a sostenere che il ricco nord non può permettersi alcuna azione atta a ridurre l'emissione di CO2 e a ridurre l'effetto del cambiamento del clima, lo tsunami ci mostra quanto alti possano essere i costi continuando a seguire come se nulla fosse le regole degli affari. Lo tsunami dovrebbe risvegliare bruscamente Lomberg dal sogno autoreferenziale del "Consenso di Copenhagen" secondo il quale l'effetto del cambiamento del clima non sarà tanto grave da dover comportare un cambiamento della politica e dei paradigmi economici. Lomberg farebbe bene a chiedere agli abitanti delle Maldive se accettano l'inevitabilità di un irreversibile innalzamento del livello del mare dovuto al cambiamento del clima prodotto dai combustibili fossili. Oltre alla massiccia mobilitazione in soccorso delle vittime dello tsunami, è necessaria un'azione immediata per rendere futura giustizia alle prossime vittime del cambiamento climatico. Come ha detto un leader della Alliance of Small Island States (Alleanza dei Piccoli Stati Insulari) durante i negoziati alle Nazioni Unite sul cambiamento climatico: "il più forte istinto dell'uomo non è l'avidità...è la sopravvivenza e noi non consentiremo a nessuno di barattare le nostre terre, la nostra gente, le nostre culture con vantaggi economici a breve termine". Il lavoro incompleto della giustizia climatica deve essere accelerato alla luce dello tsunami. I paesi dell'Oceano Indiano dovranno far fronte agli effetti del trasferimento delle popolazioni dovuto all'allagamento delle coste provocato dall'innalzamento del livello del mare. Lo tsunami è un avvertimento a prepararsi a un futuro fondato sulla giustizia della terra e non sul calcolo egoista e ottuso del mercato. Non necessariamente il prossimo disastro sarà uno tsunami. Potrebbe essere un'alluvione causata da un terremoto sotto una diga sul Gange, come la diga di Tehri, in costruzione su una faglia sismica. L'acqua della diga sarà portata a centinaia di miglia di distanza fino a Delhi, per essere privatizzata dalla Suez, il più grande mercante d'acqua del mondo. La diga, alta 260,5 metri, conterrà 3,22 milioni di metri cubi d'acqua, che ricopriranno per 45 chilometri la valle di Bhagirati e per 25 quella di Bhilangana. Se la diga dovesse essere investita da un terremoto, in meno di un'ora e mezzo un muro d'acqua di 260 metri, 20 volte più alto dell'onda dello tsunami, spazzerebbe via le città sacre di Rishikesh e Haridwar; in otto ore, un'onda di dieci metri si abbatterebbe su Meerut, 214 chilometri più a valle; dopo dodici ore, un'onda alta 8,56 metri colpirebbe Bulanshahar, a 286 chilometri di distanza. La lezione che lo tsunami ci ha dato sulla necessità di essere preparati ai disastri riguarda tutti i disastri in attesa di verificarsi a causa delle conseguenze di modelli di sviluppo che hanno messo da parte i costi ecologici in cambio di una crescita economica a breve termine. Il vero modo per essere preparati ai disastri è ridurre la vulnerabilità dell'ambiente ed incentivare la flessibilità ecologica, invece di aumentare la vulnerabilità ambientale e i rischi, escludendo i costi ambientali dal calcolo della crescita economica. L'ultima lezione che imparo dalla più grande tragedia dei nostri tempi è che il bene comune e la responsabilità sociale dei governi non possono essere sacrificati al profitto privato e all'avidità delle multinazionali. Il Cibo, l'acqua e i medicinali sono i bisogni più urgenti per i sopravvissuti allo tsunami,. Nello stesso momento in cui i sistemi pubblici devono mobilitarsi per distribuire questi beni essenziali, la globalizzazione delle multinazionali corre avanti con le privatizzazioni e l'appropriazione da parte delle grandi società finanziaria. Mentre l'India ed altri paesi hanno bisogno di medicinali generici a basso costo per fronteggiare l'emergenza sanitaria che lo tsunami si è lasciato alle spalle, il governo approva un decreto sui brevetti che bloccherà la produzione di medicinali a basso costo a partire dal 1 gennaio 2005. L'incongruità che esiste tra il mondo della globalizzazione delle multinazionali, del WTO che impone il TRIPS (Trattato sulla privatizzazione dei Pubblic Servizi), e il pianeta della gente è stata ironicamente svelata dallo tsunami. Il decreto sui brevetti del governo indiano è stato approvato lo stesso giorno in cui il disastro si è abbattuto sulle nostre coste, mettendo in evidenza il fatto che la globalizzazione delle multinazionali è dominata da forze che sono incapaci di rispondere adeguatamente a ciò che accade alle persone reali e alle loro vite. Secondo me lo tsunami è una sveglia per l'umanità - non possiamo continuare a camminare come sonnambuli in una folle corsa alla privatizzazione del bene pubblico. Se tutto il cibo e l'acqua vengono ridotti a merce controllata e fatta circolare liberamente per il profitto delle multinazionali, come potrà la società nutrire gli affamati, dissetare gli assetati? La vulnerabilità di milioni richiede che forti organizzazioni pubbliche forniscano cibo, acqua, sanità e medicinali. Le richieste di beni pubblici e servizi per il soccorso e la riabilitazione ci spingono in una direzione totalmente diversa da quella imboccata dal WTO e dalla Banca Mondiale con la loro politica di privatizzazioni. Lo tsunami ci ricorda che non siamo dei meri consumatori in un mercato dominato dal profitto. Siamo fragili esseri legati tra loro che abitano un fragile pianeta. È un messaggio di responsabilità e dovere verso la terra e verso tutte le persone. Lo tsunami ci ricorda che siamo tutti legati attraverso la terra. Siamo esseri della terra - e la compassione, non il denaro, è la moneta della nostra unità. Soprattutto, ci viene data una lezione di umiltà. Di fronte alla furia della natura siamo impotenti. Lo tsunami ci sprona a rinunciare all'arroganza e a riconoscere la nostra fragilità. Durante lo tsunami, non sono state solo le onde ad entrare in collisione con le coste. Si sono scontrate due visioni del mondo contrapposte - la visione dei liberi mercati e della globalizzazione delle multinazionali, dimostratasi inutile ed incapace ad affrontare i disastri ambientali a cui ha dato il suo contributo, e la visione della democrazia della terra, in cui la gente di tutti i paesi del mondo si riconosce come una unica umanità per ricostruire le proprie vite e prepararsi ad un futuro incerto su un fragile pianeta, vivendo nella piena consapevolezza delle nostre debolezze e responsabilità ambientali e della nostro legame ecologico. Mentre i nostri cuori piangono le vittime del disastro, il più importante soccorso a lungo termine che possiamo offrire è ridurre l'impronta ecologica sul nostro fragile pianeta e ridurre le nostre fragilità ecologiche. La flessibilità ecologica, e non la crescita economica, sarà la vera misura della sopravvivenza umana in questi tempi incerti.

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